Lettera pubblicata su Gazzetta di Reggio il 17 novembre 2021
Siamo nell’era delle transizioni (ecologica, economica, digitale, produttiva) che introdurranno sul sistema mondo trasformazioni radicali, i cui esiti per quanto prevedibili, appaiono ancora incerti. Irreversibilmente la pandemia ha generato un prima e un dopo. Cambiare i paradigmi economici e ambientali significa con tutta evidenza proiettare la società in una nuova dimensione che genera sicuramente grandi aspettative e opportunità, ma anche grandi timori. Nella “società del rischio” è possibile escludere una riflessione sulla transizione politica, sul ruolo che la politica e, in particolar modo, la sinistra devono assumere in un periodo storico in cui le persone hanno vissuto di fatto gli effetti di due crisi storiche (2008-2020)? La prima evidenza che si manifesta è la necessità di una progettualità forte e di un pensiero profondo e aggiornato, radicato nelle comunità e nell’asse storico dei valori della nostra terra. Lo spazio del bene comune è lo spazio privilegiato dei democratici, per vocazione, per ragioni storiche e per missione: anteporre la cosa pubblica è la nostra cifra distintiva. Il crollo economico e l’emergenza sanitaria hanno accresciuto esponenzialmente la necessità di sicurezze e dunque di protezione. Di certo non da oggi la richiesta di protezione investe la società e la politica, già Aristotele e Platone chiamavano “guardiani” coloro che si occupavano di politica, tuttavia è accaduto un fatto inaspettato: dopo decenni si è anteposta la vita all’economia. Il trauma scatenato dalla pandemia ha concentrato l’attenzione pubblica sul pericolo di questa frase storica e ha aumentato la consapevolezza della fragilità del nostro ecosistema. Non è un caso che proprio durante la crisi sanitaria la politica abbia assunto decisioni quantomeno sorprendenti in tema ambientale e di protezione sociale per prevenire la miseria di massa. Il periodo pandemico porta, dunque, con sé il posizionamento delle comunità al centro dell’attenzione dell’intervento pubblico e, alla fine, della politica. Abbiamo imparato che in un mondo interconnesso la dimensione condivisa è l’unica che può offrire soluzioni. È nelle relazioni tra persone, tra gruppi, tra stati che abbiamo superato la fase più critica. Dal piccolo Comune all’Unione Europea, è nella comunità, vale a dire nelle persone, che abbiamo trovato le risposte. L’arrivo degli extra fondi del Pnrr, l’avvento di una nuova tecnocrazia, sono elementi nuovi che la politica deve saper leggere, deve saper guidare, non diventarne nemica o schiava.Siccome arriva il momento delle scelte, arriva anche il momento della politica. I partiti progressisti hanno la grossa responsabilità di dimostrare che l’intervento pubblico può costruire un’economia più giusta ed equa, altrimenti si corre il rischio che i cittadini guardino alla destra populista e nazionalista, come unica diga protettiva contro un mondo nel caos. Qui sta l’altezza della sfida, qui si posiziona il fondamentale ruolo dei partiti nell’organizzazione della società ed è una grande occasione per il partito democratico per affermarsi come grande forza riformista e progressista in grado di essere perno della ripresa, riduttore di disuguaglianze e generatore di occasioni. Un principio ordinatore del bene comune. Per affrontare le nuove stagioni servono soggetti sociali forti e il primo punto di un’agenda politica del partito democratico non può che essere la valorizzazione delle relazioni tra i militanti, i simpatizzanti, gli eletti, gli amministratori. Per la ripresa serve un partito i cui interpreti facciano gioco di squadra e organizzato, che emergano come punto di riferimento politico in una società che ne ha urgente bisogno. Insieme alle relazioni interne, anche le relazioni esterne vanno curate e rigenerate, il partito democratico fiero e orgoglioso del suo portato valoriale e contenutistico si deve posizionare con chiarezza e trasparenza nel dibattito pubblico, si deve relazionare con i diversi portatori di interesse del territorio, per arricchire la riflessione e per delinearsi come soggetto autorevole lontano dalle secche autoreferenziali. Le relazioni come assunto fondamentale di un percorso a marchio Pd. In una società che deve compiere scelte rilevantissime, in cui l’interesse pubblico inizia a emergere come bene assoluto, il Pd è chiamato a farsi progetto concreto e operativo, capace di rappresentare mondi ed esigenze diverse, luogo di partecipazione ed elaborazione, che si posiziona come coadiuvatore e accompagnatore di processi, nell’ottica di un partito trainer, che sia sorgente di sintesi, di riflessione e di proposta in una prospettiva orizzontale e sussidiaria. Le grandi scelte dello sviluppo, della formazione, dell’innovazione, della sanità, dei servizi, dell’ambiente chiamano forte la politica, che ha il dovere di rispondere presente. Ci aspettano appuntamenti importanti e decisivi per il Paese e noi dovremmo affrontarli partendo da ciò che stiamo vivendo, in particolare la lotta alla pandemia, con la consapevolezza che saranno “ambasciatori” di una stagione politica nuova, nella quale è necessario abbandonare vecchi schemi, basati sull’appartenenza a sottogruppi e abbracciare la necessità di costruire una rete di relazioni aperta che sia in grado di mettere al centro il bene comune, nell’interesse delle comunità. Recuperare insomma il vero senso di essere “democratici” tout court. In questo scenario è necessario associare la transizione politica e la protezione politica alle altre tipologie di transizioni e protezioni in atto. Uno dei maggiori effetti politici e culturali della pandemia, destinato a perdurare nel lungo periodo, è la riacquisita centralità dello Stato e dell’azione pubblica, che alla fine è una grande occasione per far tornare centrale la fiducia nel rapporto con le istituzioni e soprattutto con la politica e coi partiti. È un’occasione storica, da non sprecare. In questo contesto si colloca la dimensione di un dibattito sul futuro del Partito Democratico di Reggio Emilia che si sta preparando al congresso, occasione per tornare a discutere.Sento la necessità di dare un contributo di visione, nella speranza che il dibattito si caratterizzi per quella forte esigenza, che registro anche tra i tanti iscritti che ho l’occasione di sentire, di guardarsi negli occhi, di parlarsi con franchezza, di costruire futuro insieme. La transizione politica investirà anche noi e occorre essere pronti per esserne interpreti, nell’ottica del partito trainer, nell’ottica di essere riferimento politico credibile per una comunità allargata di persone. La Provincia di Reggio Emilia, appunto.
Massimo Gazza